51. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia...
Fonte: Redazione AIDANEWS
Articolo di: Redazione AIDANEWS
Pubblicato il: 13.07.2005
In breve:
Tanto snella nelle sue due rassegne principali, firmate dalle curatrici spagnole, Maria de Corral e Rosa Martinez, quanto ricca di eventi collaterali, che permeano tutti gli spazi cittadini, comprese le isole, con una densità talora eccessiva e pur sempre indice di una grande vitalità: la 51ª Esposizione d'Arte Internazionale della Biennale si è appena inaugurata il 12 giugno e si concluderà il prossimo 6 novembre.
Ginevra, 15 luglio 2005. Le due rassegne principali, firmate dalle curatrici spagnole, Maria de Corral e Rosa Martinez, offrono assieme ad una serie di eventi collaterali, sparpagliati in vari luoghi della città dei Dogi, comprese le isole. La Biennale 2005 è forse agli occhi dei profani eccessiva e difficile da monitorare ma si spera che questa sia la forma vincente per le prossime edizioni, dove la città (assieme a Mestre e Marghera) si sente veramente coinvolta. Per ora accontentiamoci di quello che è riuscito ad imbastirci sia le due curatrici che il bravo outsider Paolo De Grandis. Dall'Open del Lungomare Marconi è riuscito a portare alla Biennale dodici Paesi, esterni ai Giardini ma pur sempre vitali e "nuovi". E già sta lavorando per la prossima in cui - ci ha confidato - porterà a Venezia ben cinquanta artisti cinesi.
La 51.Esposizione d'Arte Internazionale della Biennale si è inaugurata il 12 giugno scorso e si concluderà il prossimo 6 novembre. Chissà se anche quest'anno si riuscirà a pareggiare i numeri di Zeemann, scomparso da poco.
E' una Biennale snella, 91 gli artisti selezionati in tutto, in modo da restituire loro quella visibilità che era venuta a mancare nell'edizione precedente e questo anche grazie ad un allestimento, agile ed accurato, in tutte e due le sedi, che facilita la lettura delle loro opere.
È tradizione iniziare la visita dai giardini, il luogo più connotato storicamente e dove hanno i loro padiglioni i paesi più importanti: all'esterno, quasi un biglietto da visita, il segno forte della barca che si innalza per 40 metri, il "Mare verticale" di Fabrizio Plessi.
Al padiglione Italia (ormai impropriamente denominato così, visto che non è più destinato a rappresentare i nostri colori nazionali), la sezione "L'esperienza dell'arte" curata dalla de Corral. Non è una mostra storica, in senso stretto, anche se alcune sale sono dedicate ai maestri della contemporaneità: i trittici di Francis Bacon; l'informale di Antoni Tapies; la leggerezza di Agnes Martin, appena scomparsa; l'installazione di Bruce Nauman, dura denuncia del potere. Un argomento trasversale, questo, a molti artisti sia nelle due rassegne principali che nei padiglioni, espresso con sensibilità e modi diversi.
Barbara Kruger, leone d'oro alla carriera, lo interpreta attraverso le sua scrittura elettronica, come conflitto interiore tra bene e male e come opposizione tra maschio e femmina.
Prevale il video come mezzo espressivo, un mezzo ormai maturo e flessibile, che può avere esiti classici come in William Kentridge, prestarsi alla provocazione di un Francesco Vezzoli o avere l'andamento narrativo di Eija - Liisa Ahtila o prestarsi ad interrogativi esistenziali come in Candice Breitz.
Tra i pochi ancora ancorati, invece, ad una visione, sia pure aggiornata del classico, Thomas Schutte, leone d'oro, con le sue morbide sculture femminili.
Femminile (o femminista) è l'altra metà della biennale: una scelta voluta da Rosa Martinez: nella sua sezione "Sempre un po' più lontano" agli spazi dell'Arsenale quale risarcimento, come viene denunciato programmaticamente all'inizio, della secolare emarginazione delle donne in questo campo. Protagonista assoluta e non a caso leone d'oro riservato a un artista under 35, Regina José Galindo che nelle sue performance, dove il sangue è elemento dominante, denuncia, insieme, la violenza privata, perpetrata sulla donna e quella esercitata dal potere.
Femminili sono anche i materiali usati nelle installazioni: i tampax (ben 14.000) di cui è composto il lampadario di Joana Vasconcelos, che non sfigurerebbe in un palazzo veneziano; la batteria di pentole, disposte con ossessivo ordine di Subodh Gupta; le bucce di cipolle che ornano la lastra di marmo di Bruna Esposito.
Che la creatività al femminile non è solo una (tardiva) rivendicazione ideologica della Martinez, ma un'emergenza reale lo dimostrano altri segnali: il premio per la giovane arte italiana 2004 -2005 al video di Lara Favaretto, improntato alla magia della festa; il leone d'oro al padiglione francese, che ospita un'installazione di Annette Messager, una metafora esistenziale, ispirata a Pinocchio e, all'esterno della Biennale, il mito dell'Eden di Pipilotti Rist proiettato sul soffitto della chiesa di San Stae o, tra gli eventi a latere, la mostra "Homespun Tales", storia domestica di Kiki Smith alla Fondazione Querini Stampalia.
Intanto, nella scelta delle due curatrici cambia la geografia del mondo dell'arte: non più orientato verso l'estremo oriente, ma con al centro il mondo latino americano e le emergenze dei paesi poveri.
La Cina si rifà ampiamente, comunque, partecipando per la prima volta in veste ufficiale alla Biennale, in uno degli ambienti più suggestivi dell'Arsenale e, nella mutata geopolitica, derivante dalla dissoluzione dell'ex. URSS, si affacciano per la prima volta l'Afganistan, l'Asia centrale, la repubblica di Belarus; Nuove entrate anche il Marocco e l'Albania.
Quanto alle scelte: c'è chi punta su nomi collaudati come gli Stati Uniti con Ed Ruscha e la Gran Bretagna con gli ipernoti ed effervescenti Gilbert & George mentre nel solitamente ipertecnologico Giappone l'artista Miyako Ishiuchi si abbandona al ricordo elegiaco della madre e elementi nostalgici compaiono perfino nel padiglione della Sud Corea.
Il versante tecnologico dell'arte moderna è invece rappresentato dalla Nuova Zelanda, dell'Asia Centrale e di una sorprendente Turchia.
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