Un tè alle Isole Vergini
Fonte: VENEZIA NEWS
Gravitano intorno ad Arte Communications, le tre partecipazioni asiatiche dell'Hong Kong Arts Development Council, del Taipei Fine Arts Museum of Taiwan e di Masuda Hiromi.
L'Oriente, come 'mondo altro', lontano, immaginifico, di cui si raccontavano storie straordinarie, meraviglie di ricchezze, animali esotici, palazzi dorati. Un mondo spesso privo di contorni chiari, una geografia confusa fatta di singole esistenze in transito. Ed è in questo emotivo scandagliare che a Palazzo delle Prigioni i quattro artisti taiwanesi, Chung-li KAO, Kuang-yu TSUI, Hsin-i Eva LIN e I-chen KUO, rileggono "Il Fantasma della Libertà" di Luis Buñuel. Uno sguardo incrociato tra il sinistro rombare dell'aeroplano proiettato sulle volte del soffitto e le immagini digitali di esperimenti video dai contenuti provocatori ed ironici. Solo attraverso la deriva visiva e mentale si può ripensare il concetto di libertà.
Il neo restaurato Fondaco Marcello, frutto della continua ricerca operata da Paolo De Grandis per assecondare la crescita di nuove partecipazioni alla Biennale di Venezia, ospita i due artisti di Hong Kong. 'anothermountainman' ricostruisce attraverso la partitura geometrica di rosso bianco e blu una tipica sala da tè orientale, per raccontare attraverso moduli sensoriali i cerimoniali non ancora dissacrati dal futuro cyberpunk. E così tutto sembra sparire dietro il vapore della calda bevanda in un abbraccio cosmico tra Oriente e Occidente che è rispetto reciproco come nella Venezia di Chan Yuk-keung fedele e diametralmente opposta ad Hong Kong. Di contrasti si nutre anche la ricerca dell'artista giapponese Masuda Hiromi che presenta PLAY THE GLASS. Una mostra che nella magia del vetro indaga il fascino perverso dell'istinto umano. Le bolle di vetro nere e specchiate riflettono i mutamenti dell'anima nell'alternanza di luce e ombra, positivo e negativo, equilibrio universale.
Ma ci sono anche le artiste Marya Kazoun e Cornelia Kubler Kavanagh, per ricordarci che la nuova arte non passa solo per le vie della seta. La prima di origini libano-canadesi con 'Personal Living Space' indaga il concetto di arte come spazio privato senza tempo, la seconda, con passaporto delle Isole Vergini, rilegge il saggio paterno 'The Shape of Time' per plasmare la materia alla luce di un universale culturale. Ecco la contraddizione: è possibile rappresentare in una stanza un concetto cosmico come vorrebbe essere quello dell'arte? L'arte è dunque un concetto storico che si sviluppa nel tempo come una creatura? E' rifugio o vetrina?
Carlotta Scarpa