CREAM / Italia
Barbara Taboni
Narrano le storie di San Servolo di un frate divenuto demente, che fu allontanato dall’isola ma continuava a chiedere di tornare, di essere riportato in quella che misteriosamente, senz’altra spiegazione, lui definiva "l’isola del suono". E, in un piccolo corpo di fabbrica dotato di un loggiato, finestrelle gotiche e una torre campanaria, Barbara Taboni ha collocato una delle sue installazioni audiovisive, ideata per questo intervento di CREAM sull’isola. "Lustrale" (2008) accoglie il visitatore che sale l’antica scala per accedere al loggiato e all’attigua piccola terrazza, un luogo dove l’altezza accentua ancora l’effetto di questo luogo vivificato da ogni parte dagli orizzonti aperti e dal vento di mare. È qui che una superficie d’acqua increspata, elaborata e riprodotta dal video, si trasforma in un ritmo astratto, accompagnato dal suono delle onde, anch’esso rielaborato e mutato in uno sfondo musicale solo blandamente riconoscibile: due semplici elementi ambientali, parte dei tratti reali del luogo, scelti e rielaborati, accentuano e moltiplicano le sensazioni che il visitatore sta vivendo e ha vissuto durante il viaggio e nel primo contatto con l’isola. Due gambe di manichino in posizione inginocchiata, minimale elemento scultoreo posto accanto a una bifora gotica, creano un vago riferimento all’iconografia dell’Annunciazione, focalizzando i temi dell’estasi, dell’ascolto e della rivelazione mistica. La figura umana astratta e stilizzata del manichino e la sua moltiplicazione seriale sono da tempo uno dei materiali di ricerca ricorrenti nel lavoro di Barbara Taboni. Così come lo è l’idea di un corpo umano individuato per frammenti: come in una serie di calchi di piedi umani, tutti diversi e individuati, trattati come ritratti ("Standing Feet", 2005), talvolta presentati insieme al video "Sacer Movie Feet" (2006), piedi scalzi che camminano affondando nella neve bianca (l’ambientazione è quella delle montagne della Valle Camonica dove l’artista è nata), sottolineata da una traccia audio basata sul suono croccante della neve, nello spazio ovattato, suono del silenzio e del bianco. In "Psyche" (2007), realizzata per OPEN 10, una serie di busti di manichino femminile piantati come cippi sul fondo erboso suggeriva col suo biancore marmoreo e la disposizione regolare, oltre all’idea di rispecchiamento indicata dal titolo, un vago senso di monumento commemorativo; subito modificato dagli interventi colorati eseguiti liberamente dal pubblico sulle figure per mezzo dei sacchetti di pastelli a cera messi a disposizione e collocati accanto ad ogni figura, intenso e primitivo lavoro di trasmutazione previsto e accolto dall’artista come parte integrante dell’opera. Nel suo aspetto finale, "Psike" ricorda un cimitero vandalizzato da un mondo che non ha più eroi, e che per questo non si riconosce più nel monumento, sul quale lascia una traccia di sè attraverso la violenza di un atto che si può pur sempre definire creativo, se si accetta letteralmente l’assunto duchampiano in base al quale "ce sont les spectateurs qui font les tableaux"…
Testo a cura di Gloria Vallese