Durante la notte, i sensori fanno scattare anche i riflettori, perciò la persona che si avvicina fa anche illuminare, oltre che muovere, l’installazione. Perché solo i papaveri al centro del campo si muovono? Per riprodurre l’effetto di quando ci si trova in mezzo alla vegetazione alta, e si percepiscono a distanza dei movimenti di cui non si riesce a determinare la causa. Quel qualcosa che sentiamo presente ma non vediamo crea un picco nei nostri livelli di ansia: almeno per un attimo quell’entità non identificabile, anche se probabilmente soltanto un altro uomo o un animale, diventa causa di una sensazione di paura intensa, primordiale, che ci porta oltre i confini della normalità. Nel caso di "Anti-lulling field", si verifica però un singolare gioco di specchi: l’agente che innesca la paura (il visitatore che fa scattare i sensori) è anche colui che ne sperimenta gli effetti. È come nel caso delle allucinazioni: vediamo davanti a noi, come se fossero vere, cose che sono in realtà solo il prodotto della nostra mente. Videoartista, fotografo e grafico di vena concettuale, ironico, paradossale, Martin-Emilian Balint crea installazioni intensamente originali nelle quali l’idea non prevarica mai sul piacere puramente visuale e sensuale dell’arte. Spesso si tratta di creazioni basate su un effetto di accumulo e ripetizione. Come in "Anti-lulling field", che si imprime nella mente per la ripetizione del modulo identico del grande fiore rosso stilizzato, così nelle diverse versioni di "Alfred Hitchcock’s Jellophobia" (2003, Museo di Costanta, Romania; 2005, Fondaco Marcello, Venezia), spettacolare allestimento che nelle diverse versioni include dai 1500 ai 2000 origami di uccellini di carta bianca; o nell’opera, ancora allo stato di progetto, "The black spiral", che si rifà a immagini delle spirali umane create dalla setta mistica romena MISA (Miscarea pentru integrarea spirituala in absolut, ovvero Movimento per l’integrazione spirituale nell’assoluto). Prevede 100 pupazzi a grandezza naturale, abbracciati l’uno all’altro e disposti appunto a spirale. Talora, l’accumulo è finalizzato a un effetto ironico: come i 10 metri di pizzo macramé lavorati a mano che sono serviti a creare il vezzoso (e perforatissimo) preservativo gigante presentato alla 90.a Collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia ("Handmade macramè condom", cm 170 x 60 circa, 2006). Più severo l’intento di "Timeline (One Man Cemetery)", presentata a OPEN 10 nel 2007, i cui 26 moduli rappresentavano ciascuno un anno di vita dell’artista. Ogni modulo includeva una coppia di foto in bianco e nero su ovali in porcellana raffiguranti l’artista una volta con gli occhi aperti, e una volta con gli occhi chiusi. L’ultimo ovale, corrispondente all’anno inziato ma non ancora concluso, era bianco.
Testo a cura di Gloria Vallese