CREAM / Straitjackets
In senso orario:
Barbara Taboni
Grazia Ricevuta, 2008,
Nebojsˇa Despotovic´
echo+manifesto, 2008
Cristina Treppo
Nobody, 2008
Giuseppe Vigolo
Flag, 2008
Giacomo Roccon
Politicamente corretto, 2008
Martin-Emilian Balint
La Cena dei Matti, 2008
Dania Zanotto
Lunatic wild warrior, 2008
Sette artisti di CREAM (Martin-Emilian Balint, Nebojsˇa Despotovic´, Giacomo Roccon, Barbara Taboni, Cristina Treppo, Giuseppe Vigolo e Dania Zanotto) riassumono il contenuto della mostra “On Madness” con questo intervento su una serie di oggetti singolari: sette camicie di forza, tutte uguali a parte il colore, realizzate in jeans, trasformate e interpretate da ciascuno. La camicia di forza è già, in sé, un simbolo concentrato e potente. In esso si condensa la storia del contenimento della follia, del suo trattamento, della sua reclusione, della sua cura attraverso i secoli: dal Medioevo, quando i folli, caricati su una barchetta o su una zattera, venivano affidati alla corrente dei fiumi che lentamente li conduceva al mare, fino ai primi esperimenti di trattamento medico-scientifico della malattia mentale nei secoli XVII-XVIII, che porteranno a loro volta alla creazione dei manicomi, questi luoghi a metà ospedali a metà carceri, in cui medicina e carità si univano a repressione e costrizione. Una camicia di forza in jeans assume una valenza ironica, complessa; visto che il jeans è, a sua volta, un grande concentrato di simboli. Nato come indumento di fatica, realizzato, come vuole una fra le molte leggende, per non buttare una grande partita di stoffa blu molto robusta, destinata a realizzare tende per l’esercito nordista durante la guerra di Secessione americana, ma che si era purtroppo scolorita, diviene attraverso il cinema, negli anni ’50, il simbolo per eccellenza di una vita dura ed estrema di libertà e di avventura. Dopo la seconda guerra mondiale dilaga in tutto il mondo, negli anni ’60 è adottato dai giovani, e da quel momento inizia un percorso che lentamente lo trasforma: fagocitato dalla moda, avvia un’altra metamorfosi, che porterà a varianti ultragriffate, costose ed esclusive, a capi attillati e vertiginosi. Finiture preziose di brillanti o pelliccia ne sovvertono il significato originario; che tuttavia sopravvive, visto che intanto la gente continua a usare i jeans nei luoghi di lavoro, e a nutrirsi dei vecchi film impregnati di nostalgia. Così, il tessuto più globalizzato del mondo, ricco ormai di ironie volontarie e involontarie, diventa capace di simboleggiare altre, metaforiche, camicie di forza contemporanee: per esempio, quelle del corpo rimodellato e costretto dal gioco sadomasochistico della moda; per esempio, quelle della griffe come elemento obbligatorio di prestigio sociale. In tutto questo il jeans non perde la sua capacità di trasmettere un senso di libertà e di sfida che la camicia di forza anzi sottolinea. Il progetto “On Madness: Straitjackets”, da un’idea di CREAM, di Roberto Rossi e di Daniele Begnoni, è stato realizzato con camicie di forza in jeans appositamente disegnate e prodotte da “RJC-Requested Jeans Culture” di Verona.
Testo a cura di Gloria Vallese