Croazia Young Artists
Luka Stojnic Giuseppe Dall'Arche

 

Scultura Bidimensionale: spazi alterati (monumento all'uomo occidentale)

L’esito è compatto, un sistema figurativo organico, senza incertezze se non le innumerevoli che scaturiscono dalle suggestioni di un compiuto equilibrio formale. L’installazione di Luka Stojnić e di Giuseppe Dall’Arche, fonde l’immaginificità scultorea del primo con l’introspettività visionaria della fotografia del secondo. Una scultura tridimensionale composta da riquadri metallici di diverse dimensioni che, posti ad un’altezza data, vanno a ridimensionarsi proporzionalmente nello spazio mantenendo lo stesso baricentro, alterando al contempo le rispettive inclinazioni; sullo sfondo i grandi pannelli con le istantanee di una Marghera industriale consunta e abrasiva, "sedata" dall'immersione in una surreale, verdissima natura in uno stato di insolita tranquillità. I due percorsi figurativi si fondono in un'equazione perfetta, in cui l'effetto illusivo di una profondità alterata ed amplificata del reale si fonde con un piano di sospensione dei sensi, quasi narcotizzati da questo mix di archeoindustria e natura viva. È un viaggio nell'illusione di fermare "costruttivamente" il reale, mettendo in gioco la ratio, l'architettura, con in mente delle soluzioni. Però lo sguardo continua ineluttabilmente a fluire in uno spazio senza idea, senza un paesaggio definito che si è ormai trasformato in pura immagine. Certo, qui sono in gioco il concetto stesso di struttura e di natura, i cui rapporti, seppur non con intenti iperprogrammatici, vengono qui indagati e vissuti con tensione emotiva e speculativa. Rapporti che non possono che condurre all'idea stessa di architettura, di costruzione. E costruire, quindi, attraverso un'installazione, uno spazio illusivo che mentre si mostra si autoridimensiona, può essere uno spendibile punto di partenza per rimescolare la dialettica di questi rapporti, con nuove direzioni visive: dalla prospettiva simbolica alla simbologia dell'oggetto.

 


..:: Testo a cura di Massimo Bran