Francia
Pierre Poggi
CULTURA E GIOCO NELL’OPERA DI PIERRE POGGI
Enrico Pedrini: Johan Huizinga, nel libro "Homo Ludens", concentra la sua attenzione sul gioco come sistema culturale.
Questa dualità di "cultura e gioco" è composta dal gioco che si presenta come fatto oggettivo, percepibile e determinabile e dalla cultura che è invece la qualifica applicata dal nostro giudizio ad ogni fatto del mondo. L’arte, nell’opera di Pierre Poggi, si confronta con questo mondo irreale, che è presente sempre più nel sistema mediatico, dove le azioni fittizie simulano le azioni reali. Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a questa indagine?
Pierre Poggi: Le motivazioni sono di tipo personale nel senso anche pedagogico e psicologico del termine. Il mio atteggiamento nei confronti del gioco è paragonabile a quella creatività infantile epurata da ogni pregiudizio. Anche nella mia arte tento sempre di mantenere questa "freschezza". A tal proposito il mio interesse per il mondo del calcio lo si potrebbe trasporre in questa frase: "Tutt’ora gioco al pallone usando semplicemente gli strumenti dell’arte per mettermi in relazione alla nostra contemporaneità".
EP: Mi puoi parlare dell’opera che vuoi esporre a OPEN tra le piante del Lido di Venezia?
PP: Il lavoro nasce da un articolo del Corriere, dove a fianco di una croce nera si elencavano i deceduti per questioni calcistice dal ‘63 a oggi. Per associazione di immagini (i sacrari militari) mi è scattata questa allucinata visione. "Campo Santo" è un progetto, un’opera ambientale; parodia evocativa del luogo del riposo composto di 22 croci bianche, dove un arbitro cerimoniere e sciamano, vestito di tutto punto, reinterpreta musicalmente i canti corali degli ultras assiepati in una ipotetica curva. Una specie di litania, una cantilena clownesca. Vi chiederete: "Che c’entrano delle croci in un campo di calcio?". La cronaca, si sa, ha la memoria corta se si considera che dal 1963 ad oggi sono tanti i tifosi caduti sul "campo". Motivo sufficiente per commemorare queste vittime, sacrificate in nome della sfera di cuoio, con questa installazione surreale ed assurda al contempo.
EP: I due elementi, il gioco e l’arte, stanno sempre più assumendo nell’inconscio collettivo la funzione di alimentare la “società dell’immagine” nel suo bisogno consumistico. L’arte deve quindi affrontare questo dualismo e indagare con i propri linguaggi questa attitudine dove il valore della verità viene sostituito dalla comunicazione.PP: Sì, l’arte ha il dovere di affrontare questa problematica se attraverso il suo potere comunicativo solleva questioni e dice forse qualche verità, anche se oggi l’arte a sua volta corre il rischio della bulimia.EP: L’indagine dell’arte mette in evidenza i valori simbolici che sedimentano nel profondo della società, la quale ha fatto dell’economia l’unico suo “credo” possibile. Vorrei sapere da te il tuo pensiero in merito.PP: Oggi più che mai l’arte fa parte di questo meccanismo economico, non dobbiamo essere ipocriti. Basta leggere alcune quotazioni di artisti contemporanei per vedere lo status quo della domanda e dell’offerta.
Testo a cura di Enrico Pedrini