TAIWAN
IV Partecipazione del TAIPEI FINE ARTS MUSEUM, TAIWAN alla Biennale di Venezia
49.Esposizione Internazionale d'Arte
Palazzo delle Prigioni, San Marco, Venezia
In occasione della sua quarta partecipazione alla Bienale di Venezia, il Taiwan presenta un'esposizione collettiva che intende offrire, attraverso le opere di cinque artisti, un efficace campionario della poco nota ma vitale arte contemporanea del Paese...
giovedì 21 giugno 2001
Il titolo della mostra allestita negli spazi storici di Palazzo delle Prigioni - "Living Cell-Cellula vivente"- coorganizzato da Arte Communications, Commissario Paolo de Grandis, si pone come interessante chiave di lettura delle opere presentate, differenti tra loro per mezzi utilizzati e contenuto. Il filo conduttore, individuato dal curatore Chien-hui Kao e sottolineato con forza nella presentazione in catalogo, sembra essere il tema della vita, fisica e spirituale, dell'uomo contemporaneo.
Entrando nella sala principale il visitatore si trova di fronte la grande scultura-rifugio di Wen-chih Wang , una struttura cilindrica in legno che fa pensare ad abitazioni di lontane popolazioni primitive. Quest'opera, con i suoi materiali naturali e la sua forma arcaica, ci riporta verso una dimensione archetipica della vita umana sulla terra, una dimensione fatta di silenzio, meditazione e simbiosi con l'ambiente naturale.
Michael Ming Hong Lin ha ricoperto la parete di fondo della sala, interrotta da grandi finestre, con una vistosa carta da parati fiorata su cui campeggiano grandi peonie dai colori sgargianti, una puntuale ripresa dei tessuti degli abiti tradizionali taiwanesi. La serie di fotografie in bianco e nero di Chien-Chi Chang affrontano invece gli opposti temi della libertà e della costrizione attraverso immagini dal forte impatto emotivo scattate in un istituto per la cura delle malattie mentali gestito in Taiwan da un'organizzazione privata di stampo religioso.
Gli uomini e le donne immortalati da Chang, resi anonimi dalle spartane divise e dalla rasatura del cranio, si offrono all'obiettivo in coppia o in gruppi uniti da catene che ne impediscono la libertà di movimento. Il tema della reclusione viene ripreso, con altri intenti e con un'atmosfera tutta differente, da "Glass ceiling" di Shu-min Lin. Entrando nella piccola stanza buia il visitatore viene subito catturato dai riflessi di un pavimento scuro e lucido. Man mano che si avanza, alcune piastrelle si animano sotto i suoi piedi mostrando volti minacciosi o supplicanti di persone che sembrano intrappolate al di sotto del pavimento. L'effetto, ottenuto con la tecnica dell'ologramma, è accentuato dall'efficace sottinsù, e offre un'esperienza divertente e sottilmente inquietante allo stesso tempo.
Un'altra piccola stanza buia accoglie il lavoro di Shih-fen Liu, composto da un grande tavolo a forma di croce su cui campeggiano decine di semisfere di vetro che rimandano piccole immagini luminose. L'artista ha creato queste immagini utilizzando radiografie del suo cuore e del suo cervello e amalgamandole poi con altri scatti, spesso deformati, del suo corpo nudo. Una proiezione sul soffitto e un efficace sottofondo sonoro completano questa suggestiva installazione.