Portogallo
Padiglione portoghese alla 53. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia
7 giugno >22 novembre 2009
Titolo del progetto • Experiments And Observations On Different Kinds Of Air
Artisti • João Maria Gusmão and Pedro Paiva
Curatore • Natxo Checa
Commissario • Direzione generale per le arti del Ministero della cultura portoghese
Direttore generale per le arti, Jorge Barreto Xavier
Coordinamento e produzione • Antonia Gaeta
Padiglione portoghese • Fondaco dell’Arte • Calle del Traghetto Ca’ Garzoni • San Marco • 3415 Venezia • Italia [Vaporetto 1 Sant Angelo; Vaporetto 82 San Samuele; Traghetto da San Tomà al molo accanto al padiglione]
Apertura al pubblico • 7 giugno - 22 novembre 10.00 – 18.00 [chiuso il lunedì]
Sito Internet [www.dgartes.pt/veneza2009/index.htm]
COMUNICATO STAMPA
Per la 53. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, il Portogallo sarà rappresentato dagli artisti João Maria Gusmão e Pedro Paiva con un’installazione delle loro opere al Fondaco dell’Arte curata da Natxo Checa. La direzione artistica della mostra e la sua produzione sono affidate alla Direzione generale per le arti del Ministero della cultura portoghese.
João Maria Gusmão (Lisbona, 1979) e Pedro Paiva (Lisbona, 1977) sono artisti di una nuova generazione con una carriera recente e insolitamente solida. Nell’ultimo decennio, ha contribuito tra l’altro al consolidamento del duo la loro partecipazione a contesti internazionali quali la 27. Biennale di San Paulo, la Biennale di Mercosul, Manifesta 7, PHotoEspaña 08, unitamente a mostre presso il CCA Wattis Institute for Contemporary Arts, San Francisco, e il Kunstverein Hanover.
Natxo Checa (Barcellona, 1968) è il direttore del Zé dos Bois (ZDB), centro di ricreazione, produzione e diffusione dell’arte contemporanea a Lisbona. In collaborazione con ZDB, gli artisti e il curatore hanno collaborato a diversi progetti: DeParamnésia (2001- 2002), Eflúvio Magnético (2004-2006) e Abissologia (2008).
Experiments And Observations On Different Kinds Of Air. [1]
di Natxo Checa
Experiments And Observations On Different Kinds Of Air (Esperimenti e osservazioni su diversi tipi di aria) invoca tre dimensioni in un’ottica di intenzione e coerenza nell’opera filmica di Pedro Paiva e João Maria Gusmão (JMG+PP), ossia lo studio di fenomeni singolari nel tentativo di comprendere il mondo, l’affezione di una metodologia scientifica e l’interpretazione della poesia come un possibile mezzo per catturare un mondo discernibile solo parzialmente. Sorprendentemente, queste stesse dimensioni rispecchiano il dilemma posto dalle diverse tesi sulla natura dell’ossigeno formulate da Lavoisier e Joseph Priestley. Non è un caso che il titolo scelto per la mostra sia quello del più noto trattato scientifico di Priestley. Dai presocratici (Empedocle, Anassimandro e successivamente Aristotele), l’idea stessa di “aria” era sia metafisica che materiale, poiché associava il concetto di respiro alla respirazione e alla nozione che l’“aria” come entelechia animasse il fuoco della vita. Nondimeno, nella ricerca di Priestley non incontriamo il riconoscimento delle proprietà comburenti dell’ossigeno, identificate soltanto in un momento successivo da Lavoisier. Emerge invece la convinzione che sono gli stessi materiali combustibili a contenere un fluido infiammabile inodore e senza massa – quella che può essere interpretata come proprietà flogistica – rilasciato durante la combustione e successivamente assorbito dall’ambiente circostante. Tale elemento è l’ossigeno e non appartiene alla materia, vista la sua forma gassosa. Questa, a ogni modo, è la tesi di Lavoisier formulata in contrapposizione alle tradizioni alchemiche i cui ricordi sono riscoperti da JMG+PP con l’obiettivo di seguire le orme della trasmutazione: sebbene ciò non significhi esattamente transitorio, si sfiora comunque da molto vicino il concetto.
Adottando come materiale la natura e le sue diverse manifestazioni, gli artisti aggregano e propongono blocchi intrecciati di idee e conoscenze che, insieme, stabiliscono un complesso miraggio fantascientifico. Siamo di fronte a una serie di scritti narrativi di profilo letterario radicati nell’osservazione di particolari fenomeni, nonché al disegno di una particolare architettura filosofica. La formulazione di questi sistemi all’interno dei processi artistici di JMG+PP contiene elementi della scientificamente obsoleta, per quanto affine, teoria flogistica di Priestley. Scopriamo che i processi competono per formulare un elaborato studio inquisitore del transitorio nel cui ambito la ricerca in atto è quella di indizi che rivelino il movimento, qualunque cosa che possa essere produttiva per la ricerca. Viene dunque tracciata una via in cui la sequenza inaugurale e temporale delle idee condivide una co-fattibilità teorica: gli artisti formano dunque ipotesi che considerano non soltanto le fondamenta, ma anche le modalità per sviluppare, provare e dimostrare i loro postulati. Le loro proposte, siano esse basate su un certo tipo di ricerca empirica o su speculazioni deliranti, emergono da una metodologia razionalista volta a spiegare le eccezioni ai fenomeni. Vista la stratificazione (frutto dell’interpenetrazione del letterale e del metaforico), attraverso la loro opera affermano idee che non è possibile presupporre in base ad alcun codice consolidato e che spesso richiamano una compilazione di fatti documentati apparentemente inspiegabili. Nell’opera dei due artisti possiamo trovare infatti episodi ai quali manca qualunque nesso: ci mostrano processi che hanno a che vedere con eventi anomali, successi imprevisti, esempi di fenomeni emergenti, sia a livello microscopico che macroscopico, e soprattutto in termini di effetti flogistici, eventi pertanto la cui causalità è invisibile, ma che nondimeno riescono a esplodere scatenando una combustione, creando significati che sono poi rivelati come analogici, attraverso progressioni di significanti: l’occhio, l’uovo, la luna, il sole, ecc.
All’interno della contingenza dei mezzi artistici, JMG+PP mettono in atto una strategia che ci accosta sempre più all’evidenza minima del loro pensiero. Come presentare un’operazione con l’intenzione di introdurre l’innominabile senza ricorrere a testo? Come rendere visibile l’invenzione di concetti e terminologie come DeParamnésia, Eflúvio Magnético o Abissologia, visto il modo in cui tali nozioni si correlano a un’ontologia patafisica in cui qualunque interpretazione dell’essere è costantemente soggetta agli effetti di un’eclisse?
La loro opera ripropone sempre imprevedibilmente tale complessità: nel modo in cui suggerisce la risoluzione del miraggio creato, un miraggio che essenzialmente si concentra sul nascosto e sul movimento dei fenomeni. Come dicono gli stessi artisti: “Le cose si rivelano sempre secondo alcuni aspetti indiscernibili”. [2] L’oggetto della loro ricerca è dunque sempre in difetto e conseguentemente ostacola l’interpretazione.
L’opera del duo è intrinsecamente costituita da cinema sperimentale, nonostante ancora sporadicamente ricorra a scultura, fotografia e altri dispositivi artistici tipici delle installazioni. Malgrado ciò, è in larga misura attraverso mezzi filmici e, soprattutto, il filmato al rallentatore che si stabilisce un rapporto, dal quale traspare una reminescenza dell’aspetto, tra l’effimero e il transitorio. La costruzione visiva delle presentazioni avviene attraverso un circuito di vari proiettori da 16 mm. Il suono latente di questi dispositivi cinematici fa da contraltare al silenzio delle immagini. L’attribuzione di uno spazio oscuro extratemporale è aperta al riconoscimento attraverso la mancanza di luce all’interno di un contesto introspettivo. Le proiezioni, apparentemente alternate, mostrano filmati a sé stanti o abbinati. Narrative semplici e sparse vengono presentate come documenti, esperimenti unici o fenomeni inspiegabili. Percorrendo la mostra, il visitatore attento viene indotto a stabilire nessi e formulare idee rincontrando i significati nel campo delle possibilità.
Tale approccio, radicato in un contesto di eccezione, utilizza l’istantaneità come strumento per organizzare il movimento in un giudizio analogico. All’interno dell’opera di JMG+PP, questo inizio in cui ogni filmato provoca echi in altri ricorre all’evidenza della manipolazione e della costruzione della magia dalla gentilezza, il che implica sempre la produzione di un evento, sia esso protratto nel tempo o immediato.
Diventa dunque chiaro che l’effettivo intento di JMG+PP è produrre qualcosa che si apparenta alla scienza rivoluzionaria, non nel senso che gli artisti hanno una propria interpretazione definitiva della verità, poiché essenzialmente il loro tentativo è viceversa quello di rispondere all’instabile, esattamente a ciò che sfugge al definitivo.
Svelando le costanti contraddizioni tra l’essere e il non essere, il proprio e il non proprio, l’immaginario di JMG+PP porta a creare un rapporto corporeo con l’immaginazione collegando le due dimensioni in un ciclo di mutazioni materiali. Nei loro filmati, l’inconscio umano è incanalato verso l’accettazione del fatto che l’assoluto è extratemporale e diluito nella molteplicità del mondo, ossia che l’io assume una scala notevolmente ridotta nell’importanza delle cose, non perché è schiacciato dall’assoluto, bensì perché i margini entro i quali chiunque può organizzare il logos si situano ben oltre una siffatta incertezza.
Attraverso i loro filmati ed esperimenti, João Maria Gusmão e Pedro Paiva invocano inoltre l’ipotesi di altri abissi metafisici con un senso dell’humour alquanto peculiare. Riconoscendo il fallimento delle approssimazioni del reale, sfrondando le assurdità scientifiche, tracciano infatti nuove leggi della poesia. Un’avventura nella “patafisica che presenta ciò che può essere considerato il culmine di tutti i fallimenti: il fallimento dell’ego e il suo imprigionamento, l’impossibilità di accedere direttamente alla verità e una ricerca illusoria e allucinatoria, la cui fine è percepibilmente irraggiungibile.
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[1]
Titolo dell’opera di un chimico, fisico e teologico britannico, Joseph Priestley (1733-1804), che ha svolto esperimenti con l’elettricità e l’aria isolando per la prima volta l’ossigeno allo stato gassoso. Vorremmo sottolineare che il nostro obiettivo è accostare l’ipotesi formulata da Priestley in merito a questo fluido intangibile e senza peso – l’entelechia flogistica – alla metodologia degli artisti.
[2]
“Visione entropica e meteorista”, di João Maria Gusmão e Pedro Paiva, in Abissologia, Orizzonte degli eventi.
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