FINLANDIA - KIBA LUMBERG
Un’ode per volare
Shoe Tower (2009) di Kiba Lumberg (nata nel 1956) è un’ode che innalza quasi al cielo, rendendo omaggio a tutte le donne del mondo, a quelle donne che portano tra le braccia il mondo, l’intero pianeta da una generazione all’altra. “Mi accorgo che serbo mia madre dentro di me, la vedrò nei miei sogni finché vivo”, scrive l’artista nel suo ultimo libro Samettiyö (Velvet Night, 2008). In cima all’opera, la scarpa consunta di un bambino. Il percorso della vita dall’infanzia alla vecchiaia è ricostruito attraverso scarpe femminili che raccontano storie di identità, professioni, quotidianità, celebrazioni, vita umana in tutte le sue manifestazioni. Ma l’opera rende contestualmente omaggio ai piedi delle donne, a volte oggetto di disprezzo. Negli ultimi anni Lumberg ha dipinto piedi femminili anche in intensi disegni grafici in bianco e nero e penetranti dipinti. I piedi sono inoltre associati al nomadismo, al viaggio, alla casa e all’indisponibilità di una casa. Il volume Velvet Night è dedicato a tutta la gente, sia viva che morta, ai suoni e al silenzio, ai vedenti e ai non vedenti, a coloro che camminano e a chi non si muove. La dedica è un’immagine appropriata del pensiero dell’artista, semplice eppure così difficile: tutti hanno diritto alla vita, alla dignità umana. Sebbene nell’opera di Lumberg riecheggino sia la vita dell’individuo sia le battaglie sul campo della lotta sociale e politica mondiale, essa evita ogni conflitto ideologico. La musa dell’artista è l’anima di Venezia, in bianco e nero, come i suoi vividi disegni. Lumberg ha partecipato al primo Padiglione Rom della Biennale di Venezia nel 2007 con l’opera Black Butterfly (2007). Quest’anno invece il padiglione non è previsto, sebbene le violazioni dei diritti umani nei confronti dei rom in Italia e altrove in Europa stiano diventando ogni giorno più gravi. “Devo prendere atto con grande rammarico del fatto che nella storia le vicende si ripetono e non vedo miglioramenti nella situazione degli zingari a livello di diritti umani. Gli zingari sono fuorilegge, vagabondi, irriducibili, inadeguati… Come può esistere ancora un popolo praticamente abbandonato da tutti?”, si chiede l’artista. “Gli zingari fanno parte della storia del mondo. In tutti i popoli del mondo vi sono persone che si comportano bene e altre meno, e la mancanza di informazione inevitabilmente genera scontri, anche fisici, tra comunità culturali diverse.” La storia si ripete crudelmente a Venezia, in Italia, a Belgrado, in Serbia, a Budapest, in Ungheria… in tutt’Europa. Il modo in cui la dignità umana dei rom viene degradata in questo momento dovrebbe indurre cuori e coscienze di tutti noi a riflettere. Nascondersi dietro una pretesa mancanza di conoscenza non basta per giustificare la mancanza di responsabilità. Se perdiamo la dignità umana e l’umanità, che cosa ci rimane? “Mi rifiuto di sottostare alle regole della massa”, scrive Lumberg. In un’epoca di paura collettiva e individuale dovremmo invece mostrare il cuore umano, essere capaci di ergerci contro il totalitarismo, anche quando le singole voci sono messe a tacere, i singoli passi sono osteggiati. È nostra la responsabilità. Non possiamo nasconderci dietro le strutture. Opere e parole non sono atti, ma possono diventarlo se vengono esposte e pronunciate nel posto giusto al momento giusto. Così possiamo muovere le montagne e cambiare il mondo. Shoe Tower si innalza da una base rossa per raggiungere le sfere cosmiche. Il rosso, colore del sangue, è simbolo di energia e vita. Siamo nati in qualche luogo e da qualche luogo proveniamo per ricongiungerci alle cose. L’auspicio dell’artista è che la torre di acciaio, che si erge per ben quattro metri e mezzo, ci ricongiunga alla convinzione che tutti abbiamo una nostra dignità umana, altrimenti il mondo risuonerà vuoto e vacuo. È evidente che la politica della finanza neoliberale non si è assunta la sua responsabilità. Oggi paghiamo le conseguenze di ieri. Il mondo era diviso in un bipolarismo tra vincitori e vinti. “Se libertà significa occuparci soltanto di noi stessi, perché abbiamo una società? Quanto oltre dobbiamo spingerci prima di renderci conto che, in luogo dell’avidità, della disuguaglianza, della crudeltà, ci servono altre soluzioni? La natura non ha bisogno di noi. Siamo noi ad aver bisogno della natura”, sostiene l’artista. Il mondo è però nostro e può essere cambiato, malgrado la sua imprevedibilità. Se oggi non abbiamo certezze, domani tutto può essere diverso. La gestazione dell’opera Shoe Tower nell’intimo dell’artista è stata lunghissima e non è stata creata in solitudine, bensì concepita e costruita insieme a colleghi e amici. Un ringraziamento va inoltre a tutte le donne che hanno donato le proprie scarpe.
Testo a cura di Marita Muukkonen