: Francia
Nisa

Quando un popolo si riunisce, diceva Rousseau, è tempo di cerimonie. Umano o divino, qualsiasi cerimoniale richiede ordine e, di conseguenza, una disposizione visibile a occhio nudo, qualunque essa sia. Gradini e pedane. In cima, capi anonimi. Sulle terrazze, gli alti dignitari. A metà strada, la folla dei sottoposti. In basso, le masse, distribuite. Eterna tristezza dell'Homo hierarchicus. Anche le divinità indiane non sono uguali tra loro. Vi sono sovrani, guerrieri e, infine, intendenti e contadini.

Verità mai belle da raccontare e tanto meno da mostrare. Vi è qualcosa di paleolitico, di immemorabile e di matriciale in questi demiurghi in miniatura. La sua creta è la cera, il suo sole un cannello di gas, il suo mezzo una spatola. E il cosmo che nasce dalle sue mani è a metà strada tra una scenografia teatrale e un caos primigenio. Nisa ci ha assistere alla nascita di forme ancora abbozzate, spettrali, vagamente umane partendo da una materia più primitiva che prima, che scorre come una lava irregolare, screpolata, abissale, venuta dalle profondità del passato. Come una genesi improvvisa, una creazione selvaggia a sorpresa tra il primo e il settimo giorno, una metamorfosi arcaica e incompiuta: queste forme fantomatiche recano misteriosamente il sigillo di una memoria sacra. "Ecco la processione degli spettri e delle figure, la sottile, continua, infaticabile procreazione dei redivivi della memoria. Ecco l’instancabile metamorfosi delle steli di scritture in figure viventi. Come una legenda dei secoli nello spazio, si chiude un in-folio che si lascia sfuggire le successive generazioni. Tutta l’avventura umana che precipita rovinosamente per gradi nelle volgari profondità della Pagina... L'artista è donna? Qui, nulla è lezioso. Ingrandite questi spettri cenciosi secondo la scala di un parco o di un giardino e avrete un monumento alla fecondità dell’umana memoria. Il simbolo liberamente accessibile, leggibile da tutti, di una celebre formula: “La cultura è il culto dei grandi morti”. I morti si levano, a grappoli. Perpetua resurrezione. Uscite dall’anfrattuosità dei segni, di epoca in epoca, giungono a noi le folle inventive. All’entrata di un campus universitario, immaginiamo questi propilei, altezza uomo, che aprono l’Università alla Città, il Libro alla Vita. Quale migliore ingresso, per gli studenti, di un monumento alla continuità cumulativa della nostra specie?”.

 

Curatore: Vincenzo Sanfo

Testo a cura di Régis Debray- in Médium n.2-2005

Con il patrocinio dell'Ambasciata di Francia in Italia - Servizio Culturale