Città rovesciate al Padiglione di Hong Kong
Fonte: La Nuova
Una tipica casa da tè lunga e stretta, le quattro pareti rivestite di plastica rossa, bianca e blu, un materiale molto in voga ad Honk Kong, con simboli cinesi alle finestre. Lanterne girevoli rosse, bianche e blu appese al soffitto simbolizzano speranza, benedizione e gioia. Teiere e tazze da tè bianche giacciono sui tavoli bianchi, insieme a ritagli di giornale da tutto il mondo, al pari di foglie di tè, a rappresentare gli argomenti delle lunghe conversazioni rilassate che i clienti intrattengono.
La filodiffusione trasmette rumori di sottofondo atmosfera indaffarata e vivace. A ciascuna estremità del lungo corridoio trovano poso un computer e una telecamera con i quali i visitatori possono comunicare coi loro amici tramite Icq/Msn.
L’opera dell’artista anothermountain, quella al Fondaco Marcello di Sant’ Angelo che ospita il padiglione di Honk Kong, è una dichiarazione sull’importanza della comunicazione interpersonale nella società, un’arte che nell’epoca tecnologica si sta tragicamente perdendo. Ispirata invece al «Milione» di Marco Polo l’installazione di Chan Yuk-keung, sulle tenui tonalità naturali del legno e dell’acciaio: la «città» viene mostrata invertita in quanto non è reale, sconfigge le leggi di gravità e colloca il suo vero peso nell’aria, rappresentandolo con sacchetti di carta aperti, sospesi alla base del pannello e al di sopra dei visitatori. Gli spettatori vengono invitati a salire su una rampa per raggiungere una piattaforma dalla quale potranno camminare attraverso il «canale» che separa la città.
(Alessandra Artale)