Italia

LUCIANO CHINESE

[…] Se voi guardate tutte le opere di Chinese hanno […] una costruzione, un intrico, un passaggio, frammentandosi vengono a ricomporsi, quasi a muoversi musicalmente o attraverso […] scansioni, la tipica battuta che è la condizione di ogni ritmo e del verso del poeta e […] di quello dello scultore o del gesto del pittore; bene […] c’è questa intenzionalità architettonica dello spazio; ma di che spazio si può parlare in Chinese e in che termini si pone questa architettura dello spazio? Essa non è data da elementi puramente formali, i quali sono certamente derivati da matrici geometriche, sono forme geometriche e forme geometriche in gran parte determinate da un movimento circolare, come una rotazione su se stesse, come infatti un farsi, una specie di globo misterioso (qualcuno potrebbe immaginare il punto) anche qui un cosmo inventato, ma non c’è neanche questa sorta di cosmo, mi sembra di dover sospettare in lui, c’è invece questa architettura dello spazio, da intendersi come l’ultima possibilità con la quale la pittura possa serbare ancora una volta la propria forma, la propria ragione di essere della sua forma, che è quella di creare uno spazio, in questo caso non soltanto liricamente espanso, ma uno spazio che sia molto legato a una condizione interiore, sia molto legato quindi a una sorta di predisposizione, volontaria o inconscia. Ecco perché anche certe tentazioni oniriche, alcuni temi: basterebbe considerare i titoli delle opere sue per capire queste componenti, sia quella onirica, sogno […] o cosmologica, quindi parabole, ma c’è fondamentalmente quell’architettura dello spazio che diventa quindi architettura dello spazio interiore e un’utopia ancora possibile di costruire, attraverso la pittura, un ordine, un’armonia.

testo a cura di Toni Toniato, tratto da un discorso di presentazione a Villa Settembrini, Venezia-Mestre, ottobre 2008

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