Italia
Oliviero Rainaldi

IL CORPO, ASTRAZIONE ABITABILE

Un ideale luogo del silenzio. Uno spazio vuoto dove una scultura, solennemente solitaria ma non sola, occupa la necessaria porzione d’aria. Occhi attenti ne leggono l’apparenza e il bagaglio segreto che sembra trattenere sottopelle.

 Essere lì significa circumnavigarne la forma levigata, decodificando l’iconografia fondativa dell’immaginario di Oliviero Rainaldi. Dentro quella stanza echeggia l’eco dei nostri passi e il respiro arcaico della scultura in bronzo. La dimensione corporea dell’opera diventa un rigoroso archetipo che contiene l’astrazione abitale di ogni identità femminile. Una silhouette totemica, compressa nel vorticismo invisibile che dissolve il dettaglio ed esalta la morbida rappresentazione della bellezza riproduttiva. La scultura catalizza le energie contestuali tramite la sua attitudine etica, la nettezza della linea assoluta, l’imperfezione vibrante che rende la superficie umanamente reale. Ci guarda e trafigge attraverso la pura attitudine interrogativa, coinvolgendo i nostri sensi in un viaggio dove memoria e futuro parlano la medesima lingua. L’opera di Rainaldi racchiude l’essenza e il suo opposto con un’immagine plastica che diviene immaginario. Racconta di universi complessi che si dissolvono davanti alla sua essenzialità fantasmatica. Descrive la (sua e nostra) coscienza che accompagna il turbamento, l’estasi, la normalità, il dubbio, il ripensamento. Sotto la pelle sembra trattenere il rumore colorato del mondo, lo stridio ostinato della vita, le zone d’ombra e gli spunti luminosi di giornate comuni. Quel verde marino la fa somigliare ad un moloch degli abissi che risucchia il dolore, la sofferenza ma anche la dignità e il pathos che solo la bellezza assoluta rende un segno impassibile e mai sopito. L’artista è così da sempre, fedele ad una figurazione ascetica in cui le linee sacralizzano gli archetipi. Che siano disegni su carta, pitture su tavola o tela, piccole o grandi sculture non cambia l’approccio: tutto nasce da una veggenza preziosa, da un’assonanza tra l’occhio e lo spirito delle forme. La natura dello sguardo imprime alla prosa aspra del corpo una dimensione lieve e universale. Movimenti essenziali del segno elaborano entità fuori dal tempo, fuori dallo spazio concreto, lontanissime dagli abiti sociali che mascherano l’archetipo. Eppure quelle presenze ci somigliano, sono fogli assorbenti che si completano con le parole del nostro vocabolario intimo. I loro gesti appaiono netti e impressivi, quasi a ricordarci da dove veniamo e di quale materia siamo fatti. Posizioni fetali, erette o rigidamente orizzontali, figure rannicchiate o accovacciate, corpi inginocchiati o seduti: a contare è la postura che dichiara stato d’animo e condizione profonda, dando alle figure (e quindi a noi stessi) il tono sentimentale di una forte esperienza interiore. Una fisicità asciutta eppure espressiva, monastica eppure crudele. Una guerra silenziosa del corpo. Dentro il corpo. Oltre il corpo. Siamo ancora lì, a circumnavigare un’apparizione concreta. La scultura respira con un battito che è solo dell’opera dal cuore sano. E mentre ascoltiamo il suo rumore bianco ecco che l’acqua inizia a scivolare lungo la pelle bronzea. Una pellicola trasparente avvolge il corpo, quasi a difenderlo dalle derive feroci del presente. Acqua che purifica, fertilizza, disseta. Acqua che pulisce sopra e sotto la superficie, diventando l’antidoto per proteggersi dal troppo dolore dell’umanità.

Testo a cura di Gianluca Marziani