Italia
ROBERTO CAMBI
L’oracolo da cui l’opera prende spunto potrebbe essere l’oracolo di Delfi, perno della vicenda di Edipo. Ma fulcro dell’opera non è l’oracolo in sé, bensì la pedana, sulla quale è necessario posizionarsi in modo esatto, in attesa di una risposta alle proprie domande.
Al visitatore è richiesto di aspettare l’attivarsi dell’ingranaggio. L’attesa è variabile e può durare qualche minuto.
Qui intravediamo il riferimento ad un altro mito, il mito di Telemaco e di Penelope, in paziente attesa del ritorno del padre e del marito, di Ulisse.
Nell’epoca delle incertezze, l’opera propone una rilettura del presente rifacendosi ai miti in chiave contemporanea. Fermarsi, ascoltare in silenzio le domande che arrivano dal profondo, attendere una nuova parola, la voce che arriva dal nucleo più genuino che risiede dentro ognuno.
Sulla pedana si è soli di fronte a se stessi, l’oracolo è un pretesto, quello che conta è l’attesa. La vicenda di Edipo, che inizia con l’interrogazione di Laio nei confronti dell’oracolo si conclude con Edipo accecato, che solo nella cecità potrà ritrovare se stesso. La vicenda della casa di Ulisse si conclude con un ricongiungimento, premio della capacità di sapere attendere.
L’opera chiede al visitatore di salire sulla pedana con il corpo di un giovane Edipo, con l’anima paziente di Penelope e con lo sguardo di Telemaco, rivolto al mare.
testo a cura di Ilaria Datta