ITALIA – UGO RIVA
La scultura è una delle forme più arcaiche dell'espressione artistica. Quando non sapevano nulla di come l'universo funzioni e guardando verso l'alto non s'interrogavano su eventuali vite al di là del sistema solare, gli uomini avevano comunque ben chiaro il senso e il significato di determinate parole. Il cielo era il luogo degli dei, la terra il luogo degli esseri viventi che la abitano in forme diverse. La ricerca di Ugo Riva è cominciata, anni fa, da questo limite sospeso tra ciò che è immortale e ciò che non lo è. Partito da un'indagine solenne e calligrafica sul mondo epico degli eroi consolidati dalla cultura mediterranea, ha rivisitato le figure della classicità più care all'immaginario, come la coppia di Ettore e Andromaca, scavando fino all'osso la storia dei primi abitatori della Grecia e dell'Asia Minore, per arrivare all'idea primigenia di una scultura che è insieme presenza e simulacro, forza e ripetizione di leggende e racconti depositati nella memoria. Siamo figli di un destino antico che si è sviluppato nel corso di molti millenni intorno alla pozza del Mare Nostrum. Riva attinge a ogni poema, a ogni elegia, a ogni narrazione accreditata dagli studiosi che hanno scritto quel che è avvenuto fin dal tempo degli Assiri, all'epoca in cui i primi artifex fabbricavano rudimentali divinità femminili in pietra, simbolo di fecondità. Il viaggio di Riva nella scultura lo ha condotto a rileggere in filigrana i temi fondamentali dell'esistenza, la vita, la morte, l'amore, la pace, la guerra, l'amicizia, la famiglia. Senza retorica l'artista bergamasco ha accompagnato le sue figure in terracotta o bronzo da un passato lontanissimo appena fuori le mura di Troia al tempo presente. Oggi le fanciulle che escono dalle sue mani sapienti hanno grazia e atteggiamento del tutto contemporanei, ma conservano la raffinatezza e l'eleganza irripetibile delle prime divinità. L'opera imponente che Riva presenta a OPEN 12, Come imperturbabili dei, rappresenta bene la contaminazione di epoche diverse e insieme la continuità di matrici tecnico-formali che hanno caratterizzato la statuaria da Fidia e Prassitele in poi. I due personaggi seduti, entrambi acefali benché uno conservi la parte inferiore del viso, posseggono la calma serafica di Giove e Giunone. La loro postura è quella di chi dalla propria posizione può guardare, giudicare, sentenziare. Ma si tratta di imperturbabili dei. Chi sono dunque? Sono due immagini fuori dal tempo la cui forza deriva dalla bellezza e perfezione delle proporzioni, dalla raffinata conduzione dei drappeggi, dalla fierezza delle schiene diritte. Eppure, nonostante la dimestichezza con il divino restano imperturbabili, cioè distanti. Trasmigrati da un mondo in bilico tra essere e non essere sono arrivati fino a noi con la magnificenza della loro forma e con l'inquietante segretezza delle loro generalità. A dire che da qualche parte vegliano sulla razza umana.
Testo a cura di Anna Caterina Bellati