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Ursula Huber
Risonanze impreviste, forme suggestive ed ambigue, la forza stabile dell'acciaio e la magia del vetro. Tutto questo nell'arte di Ursula Huber. Le sue creazioni sono opere che balzano nel regno idilliaco del sublime. Grandi composizioni monumentali, soprattutto in metallo e vetro, che nella loro ieraticità interagiscono con il paesaggio e vi si mescolano con l'ironica permeabilità delle strutture, con le forme suggerite e subito contraddette dal mutare della luce e dalla prospettiva. Forme pure, assolute che si manifestano con forza e vigore negli spazi aperti. Forme che cambiano e giocano con la gravità e l'inerzia, in una mimesi tanto moderna quanto antica della natura e del mondo. Ecco perché la Huber partecipa per la seconda volta ad OPEN.
Il paesaggio montano, rivelatore delle origini dell'artista, nativa di Merano, saluta la laguna veneziana per celebrare il sodalizio tra la materia ferruginosa estratta dai rilievi montuosi ed il vetro, amico inseparabile di Venezia. Entrambi legati dalla forza indomabile del fuoco.
La sua poetica si fonda sulla rappresentazione dei sentimenti attraverso opere forti, in cui i materiali e lo stesso lavoro manuale acquistano significati simbolici estremamente importanti per arrivare al risultato espressivo che traduce il tutto in alchimie affascinanti, soste pazienti in attesa della misteriosa epifania d'ombra o luce o della vaga ricerca del giusto punto di vista, che ne rivelerà l'essenza segreta.
La Huber sfrutta le innate qualità estetiche dei vari elementi presenti nel mondo per raggiungere il suo fine materico. Nel corso del suo iter formativo è riuscita a ricavare questa esperienza da materiali quali l'acciaio inossidabile riflettente, la trasparenza pura del vetro fino all'uso del plexiglas. A differenza delle generazioni di artisti che modellano l'illusione della vita, Ursula Huber crea opere che non rinunciano mai alla loro identità materica. Le sue manipolazioni mutano invece gli aspetti dimensionali degli elementi costitutivi: il vetro plasmato sprigiona il colore, l'acciaio si assottiglia fino a diventare lamina sottilissima, stelo o foglio traforato. Un universo ineffabile, di sogno e mistero, aereo come la fantasia, tenuto a terra dalla forza del metallo.
L'artista gioca sapientemente con le superfici e con l'illusione. Le sue installazioni contraddicono la stessa solidità del materiale giocando a nascondersi e rivelarsi improvvisamente: trompe l'oeuil a tre dimensioni, forme astratte fino a quando un raggio di luce non le colpisce. E così l'occhio si perde nell'elemento che ha di fronte e la struttura metallica, a sorreggere la testa di vetro, sembra una naturale predisposizione all'accoglienza, un invito, a soffermarsi e a lasciarsi sopraffare dalle emozioni.
Il vetro lavorato secondo la tradizione delle fornaci di Murano, che la Huber fa dialogare con la tecnologia, base scientifica per la costruzione dei suoi corpi astratti, è insieme vero e proprio autoritratto, legame indissolubile dell'artista con la materia.
Il rispecchiarsi dell'artista nella propria immagine riprodotta e la sua trasformazione in elemento solido contro il tempo, fermato in una forma definita e insieme resa vaga dalle ombre e dagli accorgimenti ottici è resa ancor più evocativa dai riferimenti letterari o dalle frasi, veri e propri manifesti programmatici, fissati nella materia. Testi che veicolano messaggi e che divengono segni di una vera e propria simpatia simbolica fra le varie matrici culturali.
Vetro e acciaio come trappole sensoriali per dare asilo alla luce, zone parallele che si ibridano senza confondersi.
Testo a cura di Paolo De Grandis