Italia
Vincenzo Musardo

Vincenzo Musardo, abbandonata l’arte cinetica e optical degli esordi, durante gli anni Settanta si è impegnato sui temi di un’ecologia del passato, quindi ha lavorato sul nudo femminile ed è giunto infine a una concettualizzazione metarcaica dell’immagine.

 Oggi mette al mondo una specie di replicanti inquieti, figure che celano un’identità diversa dal loro apparire. Hanno un aspetto riconoscibile eppure risultano mascherate, provocando nell’osservatore il disagio di chi deve decodificare qualcosa di cui si conosce la superficie ma non il contenuto reale. Il lavoro di quest’artista paziente che sperimenta materiali (oli polimaterici, colle, terre, colori, graffiti) e tecniche, si sviluppa secondo due matrici, quella di una ricerca cromatica raffinata e l’altra di una pittura compatta che suggerisce la sensazione di palpabilità. In questo bestiario dove convivono uomini e animali, ogni figura non rappresenta se stessa ma contiene molte possibili rappresentazioni. Ogni dipinto offre due letture congiunte. La prima riguarda l’aspetto oggettivo dell’opera d’arte, è un’immagine che possiede un ingombro ma suggerisce altre profondità, quasi sotto la scorza si celasse una voragine di altre immagini sedimentate l’una sull’altra. La seconda è attinente a un metalinguaggio che lavora sul concetto di visione. Cosa vede l’osservatore che guarda? Un rilievo appena affiorante che risponde a canoni precisi di armonia tra pieno e vuoto. Siamo figli dell’Occidente metafisico e scientifico per i quali il segno contiene numerosi significati. Il segno di Musardo si riferisce non a un passato storico definitivamente concluso, ma guarda a un passato metastorico che deve ancora accadere. Il suo fare pittura attraverso l’inganno di un’immagine già depositata nella coscienza sembra additare l’archeologia della nostra cultura, ma in realtà mira a risucchiarci nel futuro prossimo, non ancora visibile eppure già in essere. I mutanti di Musardo assumono il ruolo di testimoni di una situazione dove regna un silenzioso assenso alla rinuncia. I mutanti sono un popolo senza diritto alla parola. Se un tempo gli archetipi erano immagini forti e solide, la madre, l’eroe, la divinizzazione di un animale, oggi sono degli esseri alla ricerca di una nuova identità. Taluno sembra la reincarnazione di un faraone egizio o di uno scriba depositario della saggezza; una donna magnifica diresti provenga dalla più antica tribù dell’Africa nera, avvolta in una corazza che la difende dagli attacchi esterni guarda lontano. Un’altra figura riprende il tema della libertà e cita la statua simbolo della democrazia americana. Ma non ci si deve ingannare. Questi personaggi celati dai drappi del villaggio globale, dicono che la nostra vita piena di simboli ci ha fatto perdere il senso dell’appartenenza.

Testo a cura di Anna Caterina Bellati