National Taiwan University

 

National Taiwan University of Arts

Taiwan R.O.C.

Non esistono sostanze equiparabili alla canfora se si pensa alla versatilità degli usi che una sostanza è capace di offrire, dalla mummificazione alle applicazioni militari, culinarie e religiose passando per la medicina; la canfora, essenziale per la produzione cinematografica, è ancora largamente impiegata per realizzare lenti, pettini, dentiere, bottoni e giocattoli. La canfora è ottenuta dalla Cinnamomumcamphora, albero tropicale sempreverde centenario che può superare i 40 metri di altezza. La canfora in sé, distillata e raffinata, ha tuttavia dimensioni modeste; bianca cristallina di colore, è estremamente volatile, leggermente solubile in acqua, ma prontamente solubile in solventi organici.

Due delle principali caratteristiche dei componenti chimici della canfora sono state particolarmente importanti nel mondo moderno, ossia la sua plasticità e la sua capacità di stabilizzazione. Alfred Nobel ha sfruttato quest’ultima per controllare e indurire i grani di polvere da sparo aggiungendovi una miscela di canfora, nitroglicerina e nitrocellulosa, ottenendo così una polvere non fumogena, brevettata nel 1887 con il nome di Balistite. Un inventore americano, John Wesley Hyatt, ha invece sfruttato la plasticità naturale della canfora per creare una palla da biliardo che suo fratello, Isaiah Hyatt, ha utilizzato come base per creare nel 1872 la celluloide, prima plastica artificiale.

Poco dopo, un imprenditore italiano di origine svizzera, Giovanni Stucky, ha rimodellato le linee della Giudecca veneziana erigendo un “molino” in stile industriale di dimensioni senza precedenti, presso il quale talvolta lavoravano più di 5.000 dipendenti e che presto ha soddisfatto il fabbisogno dell’intera Europa. Realizzato a partire dal 1884, dove si ergeva l’antica Chiesa dei Santi Biagio e Cataldo, questo straordinario complesso neogotico progettato dall’architetto tedesco Ernst Wullekopf, fu infine inaugurato nel 1890. Successivamente, il “Molino Stucky” sarebbe stato testimone dell’ascesa e del crollo di una dinastia, del suo abbandono, ma anche del Cemetery for the ashes of thought, progetto di John Hejduk, presentato nell’ambito della mostra A proposito del Mulino Stucky, curata da Vittorio Gregotti, direttore artistico della Biennale di Venezia nel 1975.

La proposta di John Hejduk, rettore della Scuola di Architettura della Cooper Union, è stata di natura più artistica che architettonica, evitando accuratamente di occuparsi del processo decisionale politico o del ruolo della costruzione nella storia industriale. Ciò che, infatti, sembrava aver catturato l’attenzione dell’artista erano interrogativi più profondi circa lo sviluppo dell’industrializzazione, le sue conseguenze e i suoi effetti sul destino umano come la guerra, la crisi economica, il cambiamento climatico, il terrore e gli sfollati di tutto il mondo.

Secondo il progetto di Hejduk, il Molino Stucky avrebbe dovuto essere dipinto di nero esternamente e di bianco internamente, con targhe indicanti i titoli di opere letterarie come Alla ricerca del tempo perduto, Counterfeits, Inferno e Paradiso perduto, assieme ai nomi dei rispettivi autori, spronando in tal modo a contemplare e riconsiderare la nostra civiltà in un tempio di ceneri del pensiero.

Può nascere ancora qualcosa da queste ceneri, da questi pensieri materializzati così come sono? Perlomeno gli alberi della canfora di Taiwan hanno avuto nuova vita dopo aver subito quasi un secolo di sfruttamento. Grazie all’invenzione di una plastica sintetica estremamente avanzata che ha sostituito la canfora naturale come materiale prima, questi giganti verdi delle montagne ora possono vivere pienamente la loro esistenza senza alcun intervento umano.

Il contributo della NTUA (National Taiwan University of Arts) per la diciottesima edizione di OPEN è frutto di un pensiero associativo, come un’imbarcazione che circumnaviga il mondo da un porto all’altro per poi rientrare, infine, al porto di partenza, ossia il tema della canfora, in qualche modo l’equivalente taiwanese della farina di Stucky, nella speranza di aprire uno spazio di comunicazione, comprensione e interattività. Circa dieci opere d’arte, tra cui installazioni, dipinti, positivi fotografici, oggetti, sculture e un workshop creativo, saranno presentate da dieci laureati in arte della NTUA.

Sia Wei-Ya TSENG che Hung-Hao HUANG hanno scelto come tema la produzione della canfora a Taiwan e come materiali il positivo fotografico e le scaglie di canfora. Il loro approccio, tuttavia, così come l’accento posto nelle loro opere, sono completamente diversi e individualistici. Mentre Tseng si interessa dalla specificità esplorando una fabbrica di canfora a conduzione familiare di Miaoli, Taiwan, in attività dall’inizio del XX secolo, Huang si concentra sugli anni Trenta e, soprattutto, sul fenomeno dell’abbattimento degli alberi della canfora. Sebbene ambedue si accostino al tema in maniera realistica, le due opere proiettano, in ultima analisi, un senso di assenza reminiscente del passato, anziché assumere una natura documentaristica. Ciò vale specialmente per MIT 1930 di Huang, dove le scaglie di canfora sono conservate in una sorta di scatola della memoria, opera che affronta anche problemi ambientali e l’antagonismo tra uomo e natura.

Packages di Shang-Ye WU passa in rassegna i diversi obiettivi della commercializzazione della canfora giustapponendo tre pacchetti di olio di canfora dagli anni Trenta al 1967. Interessante notare un graduale adeguamento dalla domanda internazionale a quella locale, che rispecchia lo sviluppo di una produzione della canfora a Taiwan prima e dopo la seconda guerra mondiale. L’aggressione, considerata una costante della natura umana, è il fulcro di Bang! Bang! Bang!, opera meno preoccupata del tempo, che assembla due tipi di proiettili simulati, il balistite di Nobel e la cartuccia Springfield 30-06 americana, entrambi posti da Jing-Ying CHEN in una sacca militare. La sua intenzione, tuttavia, è anche quella di sondare l’interazione tra la vista e l’udito.

La modernizzazione della produzione della canfora è avvenuta a opera del potere coloniale giapponese negli anni Dieci, quando in tutta l’isola è stato creato un monopolio. Si è però continuato a utilizzare metodi tradizionali. Una delle opere più importanti della partecipazione della NTUA a questa edizione di OPEN è una scultura collettiva di due metri intitolata Camphor stove realizzata da Sheng-Tsang CHO, Hsiao- Li HSU e Yen-An PAN. Nello scegliere di riprodurre un tradizionale distillatore della canfora, largamente in uso durante la prima epoca d’oro della produzione taiwanese durante gli ultimi decenni del XIX secolo, gli artisti intendono riallacciarsi a un passato tutt’altro che dimenticato, che, al contrario, è in grado di intessere un dialogo con un luogo parimenti glorioso e distinto durante quello stesso periodo su un’isola remota.

Esperienza di comunicazione più solida, eppure interattiva e comunicativa, il Creative workshop for Chinese Calligraphy and ink painting sarà tenuto da Yu-Fan HSIAO. I riscontri positivi ottenuti lo scorso anno con bambini veneziani dai sei ai dieci anni ci hanno incoraggiato a proseguire questa impresa interculturale anche nel 2015.

Le ultime due opere appartengono a due pittrici, Chun LIU e Ru-An JHANG. Incentrate su giocattoli indigeni dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, tutti realizzati con un derivato della canfora, le opere ci immergono in un mondo luccicante e colorato di minuscole statuette tratte dalla cultura popolare tradizionale in contrasto con l’attuale mondo della rete e dei social media. Celluloid figures di Chun Liu descrive un gioco tipicamente giocato dai bambini vicino alle bancarelle degli ambulanti prima dell’avvento del miracolo economico del paese. Flat pleasure, invece, presenta un mondo immaginario in cui statuette contemporanee e antiche sono giustapposte in tre parti. Al centro della parte superiore, due bambini giocano insieme mentre divinità e generali, per quanto minuti, vigilano solennemente quasi a osservare e proteggere l’umanità in un’epoca di grande bisogno.

Wen-I YANG, Curatrice 

 

Jing-Ying Chen

 

Yu-Fan Hsiao

Chun Liu

 

Ru-An Jhang

 

Shang-Ye Wu

 

Wei-Ya Tseng

 

Sheng-Tsang Cho, Hsiao-li Hsu, Yen-An Pan

 

Hung-Hao Huang